Tumore al seno. Lo sport come arma di prevenzione.
Il tumore al seno colpisce ancora tante donne e anche gli uomini. La prevenzione è un’arma che ognuno di noi possiede e poterla utilizzare per prevenire e combattere il tumore al seno è importante. Con uno stile di vita sano e con lo sport si può iniziare un percorso di prevenzione quotidiano.
TUMORE AL SENO. IL SEGRETO DI UNA BUONA SALUTE
Per secoli le civiltà hanno coltivato una semplice ma fondamentale conoscenza: il segreto di una buona salute poggia su corrette abitudini alimentari e un adeguato esercizio fisico.
Oggi gli studi scientifici hanno dimostrato la stessa fondamentale verità: mangiar sano e far muovere il corpo sono i principali ingredienti per vivere a lungo e mantenere una buona forma fisica.
È anche vero che la carenza di spazi aperti vicini e sicuri, e la difficoltà ad accedere a impianti sportivi, sia per la distanza, sia a volte per il costo o la mancanza di tempo, possono rendere difficile la pratica di attività motoria.
Ma il movimento non è solo prerogativa dello sport; l’attività fisica è ogni movimento del corpo che si esprime in consumo di energia. L’attività fisica regolare, come camminare, andare in bicicletta, danzare, hanno un impatto positivo sulla salute.
Una vita attiva è salutare a tutte le età, questa pratica permette di monitorare il livello di attività e di mettere in pratica dei semplici accorgimenti per sentirsi in forma e migliorare il proprio benessere.
Non è una novità che l’attività fisica aiuti a restare in forma, a perdere peso, a mantenere giovane l’apparato muscolo-scheletrico e circolatorio, oltre che a migliorare l’umore. Ciò che forse non si sa è che lo sport ha virtù nascoste, supportate scientificamente, che lo rendono un efficace strumento di prevenzione oncologica.
Solamente circa il 20% dei tumori è di origine genetica, mentre la restante parte è legata ai cosiddetti “fattori di rischio modificabili”, ovvero quei fattori dipendenti dal nostro stile di vita e dall’ambiente esterno. Tra i fattori di rischio modificabili l’obesità, il sovrappeso e l’inattività fisica sono responsabili di 1/3 di tutte le morti per cancro.
STUDI DIMOSTRANO L’IMPATTO POSITIVO DELLO SPORT NELLA PREVENZIONE E CURA DEL CANCRO
Già negli anni ’80 gli esperti del sistema sanitario britannico sostenevano che l’esercizio fisico andasse prescritto come una medicina. Sono soprattutto medici e pediatri di famiglia a poter veicolare questo importante messaggio educazionale: dieta e attività fisica fanno bene non solo per prevenire le malattie di cuore e il diabete, ma anche i tumori.
Oggi, a differenza del passato, i malati di cancro sono spinti a praticare attività fisica piuttosto che a riposarsi, al fine di mantenere il corpo in movimento e la mente attiva. I pazienti affetti da tumore, maggiormente a rischio se inattivi, vengono infatti spesso invitati dai loro medici curanti a fare esercizio come rimedio utile per tenersi in forma e per combattere la depressione, la stanchezza e l’astenia cancro-dipendente.
Lo sport agisce sui sistemi metabolici dell’organismo e oggi ci sono dimostrazioni scientifiche del fatto che la pratica sportiva faccia bene alla salute. Lo dicono anche i risultati degli studi epidemiologici che, almeno per alcuni tipi di tumore, mostrano un forte legame tra il cancro primario, le recidive e la mancanza di esercizio fisico.
Secondo una statistica effettuata su un campione di migliaia di pazienti, infatti, quelli in attività hanno avuto un minor numero di recidive e una vita più longeva rispetto a quelli a riposo, tanto da ritenere un’idonea attività motoria l’equivalente di un farmaco.
WORLD CANCER RESEARCH FUND.
Il World Cancer Research Fund, nel suo report “Policy and Action for Cancer Prevention” del 2019, ha stimato che, nei Paesi con stile di vita di tipo occidentale, il 25% di tutti i tumori è attribuibile ad un bilancio energetico “tropp
o” positivo (in pratica al troppo mangiare e alla sedentarietà) e che potrebbe essere prevenuto con l’adozione di un regime alimentare corretto, la riduzione del sovrappeso e il raggiungimento di livelli sufficienti di attività fisica giornaliera.
Ed ancora, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) una percentuale che arriva fino al 19% di tutti i tumori è attribuibile alla sola mancanza di esercizio fisico.
RICERCHE E RISULTATI SU DONNE CON TUMORE AL SENO
«L’attività fisica praticata a partire dalla fase in cui ci si sottopone alla chemioterapia riduce il rischio di recidiva e di mortalità, con un’efficacia paragonabile a quella legata all’azione dei farmaci», afferma Michelino De Laurentiis, direttore della divisione di oncologia medica senologica dell’Istituto Nazionale dei Tumori Fondazione Pascale di Napoli.
Il movimento, nel caso di un paziente oncologico, deve seguire un percorso tarato sulle proprie capacità. Questo è quanto hanno fatto i ricercatori d’Oltrealpe, coinvolgendo in uno studio 114 pazienti (donne con tumore al seno, in un caso la malattia era già metastatica) messe al lavoro con dei personal trainer con una conoscenza specifica delle malattie oncologiche. «Abbiamo notato che i pazienti traggono i maggiori benefici se si allenano due o tre volte a settimana per almeno un’ora: sia durante il periodo delle terapie sia nei successivi sei mesi», afferma Thierry Bouillet, oncologo all’American Hospital di Parigi e coordinatore della ricerca. In queste condizioni «protette», con allenamenti incentrati su una serie di esercizi aerobici e sul potenziamento della forza muscolare, le pazienti hanno tollerato meglio i sintomi della malattia, la fatica generata dalle cure oncologiche e visto ridursi la perdita di massa muscolare (riducendo la massa grassa).
LO SPORT COME PARTE DEL PERCORSO TERAPEUTICO
Nella stessa direzione vanno le conclusioni di un altro lavoro, che ha visto coinvolte oltre 2.500 donne affette da un tumore al seno di vario grado (dal primo al terzo). In questo caso i ricercatori, coordinati dall’italiano Antonio Di Meglio, oncologo all’Istituto Gustave Roussy di Villejuif, hanno avuto la conferma che ai pazienti oncologici andrebbero fornite le stesse raccomandazioni rivolte alla popolazione generale: ovvero 150′ di attività moderata o 75′ intensa a settimana.
I benefici rilevati a sei e a dodici mesi dall’inizio della «terapia» sportiva – meno dolori e affaticamento, ridotta sensazione di affaticamento nel respirare – sono stati raggiunti sottoponendo le donne ad attività (intense) quali la danza, il giardinaggio, il nuoto e ad altre (moderate) quali la camminata veloce, l’acqua-gym e la pallavolo. E hanno riguardato anche quelle pazienti che, non avendo troppe possibilità, rischiavano di vedere la propria qualità di vita maggiormente intaccata dalla malattia. Anzi, secondo Di Meglio «è proprio su di loro, che spesso risultavano inattive prima della malattia, che bisognerebbe concentrarsi per stimolare l’adozione di uno stile di vita sano».
I BENEFICI DELL’ATTIVITÀ FISICA
Nelle persone fisicamente attive il sistema immunitario risulta maggiormente efficace sia nel rispondere agli attacchi esterni, sia nel ridurre la massa tumorale (nel caso di pazienti oncologici), addirittura nel prevenire le recidive nei pazienti in remissione.
L’esercizio fisico agisce sulla riduzione del rischio di cancro attraverso:
- Il sistema immunitario
- La riduzione di livelli di insulina (creando un ambiente a basso livello di zucchero si scoraggia la crescita e la diffusione delle cellule tumorali)
- L’innesco dell’apoptosi (morte cellulare programmata in grado di causare la morte delle cellule tumorali)
- La produzione di citochine, ovvero sostanze antinfiammatorie (l’infiammazione, specie se cronica, favorisce la comparsa di mutazioni nelle cellule e la trasformazione del tessuto sano in tumorale)
- Il potenziamento del sistema antiossidante
- Un generale miglioramento dell’assetto ormonale e della composizione corporea (riduzione della concentrazione di alcuni ormoni, trai quali gli estrogeni, a cui sono sensibili tumori come quelli dell’utero, del seno e della prostata)
- L’accelerazione del tempo di transito del cibo nell’apparato gastroenterico (considerata una delle principali ragioni di prevenzione del cancro al colon)
- Il miglioramento dell’attività intestinale (muoversi accelera il transito intestinale: più lungo è il tempo in cui le sostanze di scarto rimangono in contatto con le mucose di stomaco e intestino, e più alto è il rischio che eventuali composti tossici o mutageni danneggino le cellule)
Sono i tumori al seno e al colon-retto quelli che sembrano godere del maggiore beneficio: sia in chiave preventiva sia di esito della malattia. Ma rispetto alla prima esigenza, vista la capacità di regolare il peso corporeo, la pratica sportiva s’è finora rivelata un valido antidoto nei confronti di altri undici diversi tipi di tumore: all’esofago, al fegato, al polmone, al rene, allo stomaco, all’endometrio, alla testa e al collo e alla vescica.
TUMORE AL SENO | I DATI
Secondo le stime AIRTUM-AIOM-Fondazione AIOM ogni anno in Italia vengono diagnosticati 55.500 nuovi casi (55.000 donne e 500 uomini) di tumore del seno. Con questi numeri, la neoplasia si presenta come la più frequente nel genere femminile in tutte le fasce di età. Grazie, però, ai continui progressi della medicina e agli screening per la diagnosi precoce, nonostante il continuo aumento dell’incidenza (+0,9 per cento ogni anno), di tumore del seno oggi si muore meno che in passato, tanto che la mortalità fa segnare un calo del 2,2 per cento ogni anno. Circa 9 donne su 10 (87 per cento) sono vive dopo 5 anni dalla diagnosi di tumore mammario e 8 su 10 (80 per cento) lo sono a 10 anni dalla diagnosi.
Sono stati identificati molti fattori di rischio per il tumore al seno, alcuni modificabili, come gli stili di vita, altri invece no, come l’età (la maggior parte di tumori del seno colpisce donne oltre i 50 anni) e fattori genetici e costituzionali. Tra gli stili di vita dannosi si possono citare, per esempio, un’alimentazione povera di frutta e verdura e ricca di grassi animali, l’abitudine al fumo e una vita particolarmente sedentaria.
Ci sono inoltre alcuni fattori legati alla vita riproduttiva che possono influenzare il rischio di tumore del seno: un periodo fertile breve (prima mestruazione tardiva e menopausa precoce) e una gravidanza in giovane età sono protettive, così come l’allattamento al seno.
Il 5-7 per cento circa dei tumori della mammella è ereditario, legato cioè alla presenza di mutazioni nel DNA, che in un quarto dei casi interessano i geni BRCA 1 e/o BRCA 2. Secondo i dati riportati nel documento I numeri del cancro in Italia-2019 (AIRTUM-AIOM-Fondazione AIOM), il rischio di ammalarsi nel corso della vita di tumore mammario è pari a circa il 65 per cento per le donne portatrici di mutazioni del gene BRCA 1, mentre la percentuale scende al 40 per cento circa se la mutazione interessa il gene BRCA 2.
La prevenzione del tumore del seno deve cominciare a partire dai 20 anni di età con controlli annuali del seno eseguiti dal ginecologo o da uno specialista senologo, affiancati alla mammografia biennale dopo i 45 anni e all’ecografia. Gli ultimi studi scientifici anticipano l’età a 40 anni della prima mammografia; in ogni caso, ma soprattutto per le giovani, andrebbe eseguita una prevenzione personalizzata in quanto i risultati delle indagini diagnostiche dipendono anche dalla densità del tessuto mammario per cui non sempre l’indagine mammografica coglie lesioni visibili con l’ecografia.
Parliamo di una patologia che in Emilia-Romagna è responsabile del 29% dell’incidenza dei tumori maligni tra le donne e del 15% della relativa mortalità, con oltre 4.500 nuovi casi all’anno. Ma che al contempo colloca la regione al vertice in Italia in termini di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi: 62,4% per tutti i tumori e 89% per quello alla mammella. (Dati IX Rapporto nazionale “I numeri del cancro in Italia” curato da Associazione Italiana di Oncologia Medica e Associazione Italiana dei Registri Tumori).